• ott

    29

    2019
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Morra: La rivoluzione politica calabrese deve passare attraverso il ripudio delle false promesse

Morra: La rivoluzione politica calabrese deve passare attraverso il ripudio delle false promesse

In un messaggio sulla sua pagina Facebook, Nicola Morra non usa mezzi termini e parla di "rivoluzione straordinaria" che il MoVimento deve proporre e di cui deve farsi carico per cambiare marcia e dare una speranza diversa alla Calabria.

Per la Calabria serve più di ciò che oggi possiamo offrire.

Qualche giorno fa un giovane si è suicidato in Calabria dopo aver scoperto di aver partecipato a un finto corso per operatori sanitari. Cercava lavoro, ha trovato dei truffatori.

Il suo gesto ci dà la cifra della disperazione che regna nella nostra terra. A causa della politica locale: immobile da decenni in termini di sviluppo economico del territorio, con la conseguenza della mancanza di lavoro. E poi ovviamente della ‘ndrangheta che è la vera padrona del territorio. Infine dei disonesti, come questa banda di truffatori che ha portato un giovane disperato a togliersi la vita.

Il male che infesta la Calabria non può essere estirpato con metodi comuni. Non basta la buona volontà di pochi in mezzo al disinteresse di tanti: serve una rivoluzione, qualcosa di straordinario.

Lo dico in tutta onestà: io credo che il MoVimento sia ancora la sola speranza di una vera rivoluzione, ma per una sfida del genere c’è da lavorare, per rappresentare la parte sana e silenziosa di questa terra e anche per coinvolgerla nella politica locale.

Abbiamo portato un grande cambiamento in Italia. Una missione senza precedenti di cui faccio parte e di cui sono orgoglioso. Ma per la Calabria serve di più.

Nella terra delle mafie, servono sforzi e strumenti straordinari come quelli che usiamo per contrastare, appunto, le mafie.

Se ci indigniamo perché la Consulta dopo la Cedu invita a modificare l'ergastolo ostativo per i boss, sostenendo che certe battaglie non possono essere portate avanti con le armi ordinarie, dobbiamo avere l’onestà intellettuale di ammettere lo stesso quando ci apprestiamo a candidarci a guidare la Calabria.

A inizio 2020, dunque fra due mesi circa, forse si voterà per le elezioni regionali può essere anche prima. Personalmente trovo desolante osservare come sia il presidente uscente, sia altri potenziali candidati, si propongano candidamente alla guida di questa Regione, nonostante guai giudiziari che in ogni altro contesto, diverso dal porto franco della politica di questa Regione, li renderebbero impresentabili anche per la carica di capo condomino.

Tutto ciò è sconcertante. Ma, lo dico con rammarico, lo è altrettanto l’indifferenza con la quale, anche come movimento, osserviamo la desolante prospettiva del voto regionale: perché stiamo costringendo i calabresi, che tanta fiducia ci hanno dato nelle passate elezioni, ad accettare la prospettiva di scegliere fra il peggio ed il leggermente meno peggio.

(E ciò con scenario politico, definiamolo tradizionale, senza vergogna: così assuefatto al malaffare da proporre e sostenere candidature con uno o più guai giudiziari, come se nulla fosse.)

In una terra governata da mafie, consorterie di vario tipo e da sempre depredata dalle sue classi dirigenti, il movimento avrebbe dovuto essere unito e agguerrito per proporre un’alternativa: per rispetto dei tanti elettori disgustati da quanto ancora si osserva e per la volontà di offrire un'alternativa per questo tema.

Io vengo definito un duro, un integralista.

Ma come si fa a non esserlo in una regione dove occorrono, a mio avviso, misure straordinarie? Non si può cedere a dubbie contaminazioni: il m5s deve essere aggregante, ma a determinate condizioni: per garantire agli elettori che certe aperture locali non finiscano poi come si sospettava.

Lo dico con rammarico. Siamo in estremo ritardo, nonostante da primavera 2018 solleciti il M5S a costruire e sviluppare un percorso finalizzato alla costruzione di un programma e di una lista degni del nostro DNA.

Un percorso avviato e che, non so per quali motivi, è stato interrotto. Una costruzione dapprima non adeguatamente sostenuta, poi dimenticata (da chi doveva sostenerla, proporne varianti o prenderla a modello) per la politica regionale: quella vicina alle persone ben più di quella nazionale.

Se dobbiamo correre, ancora una volta, per testimoniare la nostra esistenza, io non ci sto. Andava bene prima, ma oggi siamo al governo del Paese, (siamo cresciuti e) abbiamo il dovere di offrire di più, di proporre una squadra di governo della regione.

O noi siamo in grado di esprimere una radicale capacità di opposizione ai governi locali e all’andazzo dominante, o non arriveremo da nessuna parte.

La politica non è prerogativa esclusiva, né ostaggio, dei partiti. Noi stessi possiamo creare, anticipare un nuovo mondo possibile con la nostra opera quotidiana.

Io sono ancora disponibile a dedicare i mesi che seguiranno a lavorare su questo obiettivo, intraprendendo un percorso di cinque anni, per trovarci finalmente pronti al prossimo appuntamento.

La democrazia che sempre difenderò permette di farlo. Non lo permette se si entra al novantesimo minuto: non intendo illudere me stesso e gli spettatori di poter cambiare una partita in cui non ho collaborato alla formazione della squadra, alla tattica, all’individuazione degli obiettivi, agli allenamenti settimanali, alla creazione del necessario spirito di squadra negli spogliatoi e fuori dal campo.

E inoltre ritengo fermamente che fare promesse che non si possono mantenere è la cifra, truffaldina, di comportamenti che causano tragedie.

La rivoluzione politica calabrese deve passare attraverso il ripudio delle false promesse.

Si vince insieme e si perde insieme. Solo se si gioca insieme.

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